Ricordo con amore l’odore del tuo corpo,
la pelle bianca e leggera sotto la camicia celeste a maniche corte
in primavera
o al presentarsi dell’estate
un odore di uomo
che non ero
ma che aspettavo di essere
perché al di là di tutte le imperfezioni io aspettavo di essere come te
come mio padre
Ricordo la fòrmica di un tavolo di cucina nei primi giorni d’estate
con la finestra aperta, il caldo, visibile, tangibile, del muro di fronte illuminato di sole
appena sopra la glicine e l’uva
appena sotto un cornicione di allori
dove passeggiava sornione uno qualsiasi dei tanti “nerone”, tigrato
e tu colmare il filtro della macchina del caffè con il cucchiaino di pastica che affondava nella polvera nera
dentro il contenitore antico sul lato sinistro della credenza gialla
in una casa morente
ma mia
vergognosa
ma dignitosa di una mia prima, piccola, storia
il caffè
rituale del dopopranzo
mentre i grilli animavano il primo pomeriggio sonnolente e pigro
caldo e amabile perché riconoscibile in ogni angolo
dopo anni di primavere ed estati,
sempre dello stesso, caldo, ed estivo, sapore